La biodiversità urbana tra sfide e opportunità

di Francesco Boscutti

Le città sono spesso considerate, talvolta a ragione, dei “deserti biologici”: ambienti dominati dall’asfalto, dal cemento, dall’inquinamento e da altri fattori limitanti che ostacolano la vita di molte specie animali e vegetali. L’urbanizzazione e la conseguente frammentazione degli habitat rappresentano infatti una delle principali cause di perdita della biodiversità a livello globale. Tuttavia, negli ultimi anni, numerosi studi hanno mostrato come l’ambiente urbano non sia privo di diversità, anzi: molte specie di piante e animali sono riuscite ad adattarsi, persino a prosperare, all’interno della complessa matrice urbana.

Microecosistemi urbani: funzionalità ecologica e criticità ambientali

Le città moderne non sono entità omogenee, ma un mosaico di microhabitat diversi: giardini, parchi, aiuole, tetti, cortili, margini stradali, binari ferroviari, vecchi edifici. Questi spazi, spesso negletti o marginali, possono costituire veri e propri rifugi per la biodiversità. Alcune piante spontanee, così come numerosi insetti, uccelli e piccoli mammiferi, sfruttano le opportunità offerte dal contesto urbano: risorse alimentari derivanti dalle attività umane, assenza di predatori naturali, microclimi favorevoli dovuti all’effetto “isola di calore” urbana.

Tuttavia, l’ambiente urbano presenta anche sfide ecologiche importanti. La maggior parte dei suoli è sigillata e impermeabilizzata, con conseguente ridotta disponibilità di acqua per le piante. Le precipitazioni, spesso intense e concentrate in brevi periodi a causa del cambiamento climatico, generano problemi di ruscellamento e scarso assorbimento. Le alte temperature estive, aggravate dall’effetto di isola termica urbana, creano condizioni di stress per molte specie non adattate. Inoltre, la presenza costante di disturbo antropico (rumore, traffico, illuminazione notturna) può alterare il comportamento di fauna e flora.

Urbanofile, urbanofobe e urbano-tolleranti: tipologie ecologiche e ruolo nella resilienza urbana

In questo contesto selettivo, alcune specie riescono comunque ad avere successo. Vengono definite “urbanofile”, ovvero in grado di adattarsi, o addirittura di preferire, l’ambiente urbano. Tra queste vi sono piante nitrofile o adatte al calpestio, uccelli urbani, e piccoli mammiferi, che negli ultimi anni stanno colonizzando anche i centri urbani. Al contrario, le specie cosiddette “urbanofobe”, ovvero sensibili al disturbo e alle modificazioni ambientali, tendono a scomparire o sopravvivono solo in alcune aree verdi più estese e meno disturbate. Tra questi estremi si colloca un ampio gruppo di specie “urbano-tolleranti”, capaci di vivere in città ma con esigenze ecologiche ancora legate a condizioni simili a quelle naturali.

Tutte queste componenti costituiscono il nucleo della biodiversità urbana, che, pur essendo spesso meno ricca rispetto a quella degli ambienti naturali, riveste un ruolo cruciale per la qualità della vita nelle città. La biodiversità urbana fornisce numerosi servizi ecosistemici: contribuisce al raffrescamento estivo, alla regolazione del ciclo dell’acqua, al miglioramento della qualità dell’aria, alla riduzione del rumore, alla depurazione del suolo, nonché al benessere psico-fisico dei cittadini e alla promozione di una cultura ecologica.

Pianificare la città per la biodiversità: strategie, reti ecologiche e progetti innovativi

Oggi, più che mai, è necessario pianificare la città in funzione della biodiversità. Il cambiamento climatico, la crescente urbanizzazione e l’emergere di nuove esigenze sociali richiedono approcci integrati, capaci di coniugare sostenibilità, resilienza e qualità ambientale. A questo proposito, si stanno sviluppando strategie che prevedono l’inserimento di infrastrutture verdi e blu, reti ecologiche urbane, e l’utilizzo di piante autoctone e resistenti, in grado di favorire la coesistenza di altre specie vegetali e animali.

Un concetto chiave è quello di connettività ecologica urbana: la capacità degli spazi verdi urbani di essere connessi tra loro, favorendo il movimento e la diffusione delle specie. In questo ambito si collocano due progetti transfrontalieri attivi in area alpina in cui l’Università di Udine svolge un ruolo importante. Il progetto BioBox, una “cassetta degli attrezzi” per promuovere la biodiversità urbana attraverso azioni pratiche e partecipate e, Back To People, un progetto finalizzato a creare ecosistemi urbani resilienti, capaci di rispondere alle sfide poste dal cambiamento climatico e dalle pressioni antropiche, mettendo al centro le persone e il loro legame con la natura.

Il ruolo del verde pensile nella connettività ecologica e nella resilienza urbana

Tra le soluzioni più efficaci emerge l’uso del verde pensile. Inizialmente introdotto con finalità tecniche (isolamento termico, riduzione del deflusso urbano, miglioramento energetico) ed estetiche, oggi il tetto verde assume anche una funzione ecologica e conservazionistica. Tetti e terrazze possono diventare veri e propri micro-habitat per piante autoctone, in grado di ospitare popolazioni floristiche rare o minacciate. Se progettati con attenzione, questi spazi possono anche fungere da corridoi ecologici per insetti impollinatori, artropodi, uccelli e piccoli vertebrati, contribuendo alla rete ecologica urbana.

Promuovere la multifunzionalità del verde urbano — cioè la sua capacità di fornire simultaneamente benefici ambientali, sociali ed ecologici — è oggi una priorità strategica. Aumentare la biodiversità urbana non è solo un obiettivo ecologico, ma anche un investimento per il futuro delle nostre città, per renderle più vivibili, sane e resilienti.

Solo attraverso azioni concrete e partecipate, che coinvolgano cittadini, istituzioni e mondo della ricerca, sarà possibile trasformare l’ambiente urbano in un laboratorio di coesistenza tra uomo e natura, dove piante e animali tornino ad abitare gli spazi quotidiani, arricchendo la nostra esperienza e contribuendo alla costruzione di un futuro più verde.

Francesco Boscutti

Professore in Botanica Ambientale e Applicata presso il Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali dell’Università di Udine. 
Si occupa di ecologia vegetale, biodiversità, conservazione delle specie minacciate e impatto dei cambiamenti climatici e delle specie aliene invasive sugli ecosistemi. Collabora a progetti transfrontalieri e iniziative di divulgazione scientifica.