La città come ecosistema adatto a sostenere una sua biodiversità

di Armando Gariboldi

Le aree urbane, se correttamente progettate e gestite, possono sostenere una discreta biodiversità, in grado di fornire anche importanti benefits ai cittadini. Le città offrono a molte piante e animali condizioni di vita vicarianti a quelli di alcuni habitat naturali come ad esempio quelli rupestri, in situazioni spesso più protette. Importante creare connessioni ecologico-funzionali per favorire l’implementazione della biodiversità urbana e lo scambio con le zone esterne. La redazione di Piani d’Azione per la gestione della biodiversità urbana potrebbe essere poi un utile strumento per una sua corretta valorizzazione.

Fig. 1

Oggi oltre la metà della popolazione mondiale (quindi oltre 4 miliardi di persone) vive in città e sebbene queste occupino solo il 3% della superficie terrestre la loro espansione è in costante aumento.

Le città sono spesso situate in posizioni critiche per le interferenze con la stessa biodiversità regionale, come zone costiere o punti vicino a fiumi e laghi. Anzi in genere tutti gli insediamenti umani, sin dalle origini, si sono sviluppati proprio in ambiti ricchi di risorse naturali, per ovvi motivi.

Alcune di esse si sono poi collocate in hot spot strategici per la biodiversità addirittura a livello di regioni biogeografiche: si pensi ad esempio a grandi città come Istanbul, poste in uno dei principali punti di transito migratorio di uccelli al mondo (lo stretto dei Dardanelli).

La floro-fauna urbana tra impatti dell’urbanizzazione e nuove opportunità ecologiche

Pertanto è necessaria una migliore comprensione dei modelli globali di composizione urbana delle specie e dei driver coinvolti anche dal punto di vista ecologico, al fine di sviluppare una pianificazione e gestione urbanistica sostenibile sotto tutti i punti di vista.

Anche perché la biodiversità urbana può diventare una componente importante di una città.

Infatti se da una parte lo sviluppo di aree urbanizzate produce consumo di suolo, perdita di habitat, emissioni varie ed in genere numerose forme di pressione ambientale che interferiscono a vari livelli con la biodiversità selvatica dell’area, dall’altra gli ambienti urbani presentano in molti casi condizioni vicarianti degli habitat naturali originari, divenendo occasione di insediamento di numerose specie di piante ed animali. In particolare la successione di edifici di varie forme e dimensioni e spesso anche di età venusta costituiscono habitat idonei per molte specie rupicole.

Ciò produce una ricchezza floro-faunistica urbana sovente inaspettata, sebbene i dati globali siano ancora troppo pochi e frammentati per giungere a conclusioni generali.

Ricerche applicate su alcuni taxa hanno comunque evidenziato che, per esempio, delle 10.052 specie di uccelli oggi conosciute a livello mondiale, ben 2.041 (c.a. 20%) si trovano nelle città del mondo. Allo stesso modo, delle circa 279.107 specie di piante vascolari in tutto il mondo, 14.240 (5%) si ritrovano anche in ambienti urbani (Aronson et al., 2014).

Per l’Italia uno studio del WWF ricorda che solo nella città di Roma vivono oltre 1.649 specie di piante vascolari, circa 5.000 specie di insetti e oltre 200 di vertebrati. 

Peraltro va ricordato che le aree naturali originarie rimangono comunque sempre più ricche rispetto alle città: solo l’8% delle specie di uccelli native e il 25% delle specie di piante native sono attualmente presenti in città rispetto alle specie non urbane.

Analizzando poi dal punto di vista qualitativo la biodiversità urbana, si è visto comunque che a parte poche specie cosmopolite (es. Columba livia tra gli uccelli o Poa annua tra i vegetali) ed alla presenza di molte specie esotiche soprattutto di piante (in media il 28%), il biota urbano non è ancora diventato tassonomicamente omogeneizzato su scala globale e continua a riflettere il pool di specie della regione di appartenenza.

Neo-ecosistemi urbani e biodiversità: il ruolo della progettazione ecologica

 Le città sono neo-ecosistemi caratterizzati di solito da ambienti frammentati e disturbati, ma con assenza di pressioni specifiche su flora e fauna (es. attività venatoria o presenza elevata di predatori), alta densità di strutture artificiali e superfici impermeabili, con una forte capacità di conservazione del calore, e livelli elevati di alcune risorse, come la disponibilità di spazi idonei alla nidificazione per alcune specie o disponibilità diffusa di risorse trofiche (es. rifiuti) in tutte le stagioni.

La presenza e densità di specie in ambito urbano sembra comunque essere influenzato più dalle caratteristiche strutturali antropici (copertura del suolo e struttura e diffusione della vegetazione, età e composizione dell’urbanizzato, ecc.) che non da fattori esterni (es. clima, topografia, ecc.).

Ovviamente la possibilità di creare delle connessioni, per esempio progettando delle reti ecologiche urbane, tra le aree urbanizzate ed il circondario, magari sfruttando la presenza di corridoi ecologici naturali mantenuti aperti (es. aste fluviali con rive rinverdite) aumenta la possibilità di scambio della biodiversità intra ed extra cittadina. Anche creare collegamenti ecologici-funzionali intra-urbani, per esempio facilitando il contatto tra zone a verde pensile, le chiome di viali alberati ed aiuole e giardini sul terreno, magari in prossimità di zone storiche e siti archeologici, può contribuire significativamente al mantenimento e miglioramento della biodiversità urbana (Fig.1). Oppure considerando la struttura dei margini non solo tra centro e periferia ma anche di semplici quartieri e anche vie, soprattutto nei quartieri residenziali (Moxon, 2019). (Fig.2).

fig. 2

Dunque una buona progettazione e successiva gestione delle aree urbane, magari con dei Piani d’Azione specifici, che tenga conto anche di queste componenti significa creare sinergie virtuose tra qualità della vita umana, natura e servizi ecosistemici. Insomma una scelta intelligente che converrebbe a tutti.

Armando Gariboldi

Armando Gariboldi, pavese, è un naturalista e agrotecnico. Da quarant’anni libero professionista impegnato nel campo della conservazione della natura,  si occupa oggi di certificazioni ambientali e di interventi specifici a favore della biodiversità, soprattutto in ambito urbano e rurale, per conto di Greenwich srl ( https://greenwichsrl.it/), per la quale è responsabile del Settore biodiversità. Già direttore Generale della LIPU-Birdlife Italia, è divulgatore e giornalista scientifico UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici); ha pubblicato oltre 800 articoli e una ventina di libri sempre su temi naturalistici. Scrive regolarmente da anni sulla Rivista della Natura (https://rivistanatura.com/).